Dopo aver tentato di limitare la presenza di microparticelle solide nei detersivi della lavatrice, Greenpeace ha recentemente pubblicato l’esito di una ricerca che evidenzia la presenza di plastica liquida nei detergenti per il bucato.
La proposta di vietare l’aggiunta di microplastiche nei prodotti di consumo, è stata avanzata già nel 2018 dall’European Chemicals Agency (ECHA) Si tratta dell’agenzia Europea, con sede a Helsinki, che si occupa di tutelare la salute dell’uomo dall’uso delle sostanze chimiche.
Nella lista di sostanze che hanno microplastiche aggiunte, rientrano anche il detersivo lavatrice e l’additivo.
La mozione, se approvata, avrebbe un impatto benefico sull’ambiente.
Le stime parlano di una riduzione di oltre 40 mila tonnellate di plastica ogni anno. Per diventare operativa, la richiesta dovrà essere inserita nel Regolamento dell’Unione Europea.
È importante sottolineare che, allo stato attuale, a finire nel mirino dell’ECHA sono state soltanto le particelle di plastica in formato solido.
La proposta di regolamentazione tuttavia è ancora al vaglio degli esperti. Sono attesi ulteriori sviluppi nel giro stretto di alcuni anni.
Il divieto dovrebbe coinvolgere, fortunatamente, anche alcuni prodotti cosmetici, vernici e fertilizzanti.
La reazione delle aziende all’uso della plastica liquida
Come si evince dalla ricerca condotta da Greenpeace, risulta chiaro che le aziende abbiano recepito l’avvertimento lanciato dalla European Chemicals Agency (ECHA).
Le stesse aziende sono riuscite comunque a trovare una scappatoia per aggirare il problema:
Al posto degli elementi solidi, tra gli ingredienti dei detergenti per il bucato, si trova plastica liquida (semisolida e/o solubile).
Tale composizione, esulando dalle restrizioni imposte dall’ECHA, non è soggetta ad alcun divieto.
La ricerca di Greenpeace sulla plastica liquida
In attesa dei tanto sperati sviluppi, Greenpeace è costantemente a lavoro per monitorare l’impatto delle multinazionali sull’ecosistema.
L’organizzazione ha voluto gettare uno sguardo alle aziende produttrici, specialmente se si stessero preparando all’eliminazione dei materiali inquinanti nei loro prodotti.
Il metodo d’indagine ha coinvolto tre sistemi d’azione:
- Ricerca web per studiare la composizione;
- Analisi in laboratorio;
- Interviste ai produttori.
I prodotti controllati sul web sono stati, nel complesso, 1819. Di questi, il 23% (427), presentano una formulazione che prevede l’aggiunta di plastica liquida.
Le indagini autoptiche miravano al rilevamento di particelle plastiche, con grandezza inferiore ai 5 mm.
In laboratorio è stato possibile analizzare ben 31 prodotti, di questi solo due sono risultati positivi.
Quando interpellate dalla ONG, le aziende hanno confermato l’abitudine di inserire elementi plastici all’interno dei detergenti.
Plastica liquida, semisolida e/o solubili
Gli effetti sull’inquinamento ambientale, derivato dai detersivi con microplastiche solide, sono ben chiari a tutti.
Durante i lavaggi in lavatrice, queste scorie finiscono direttamente per contaminare le nostre acque.
Questo significa che la stima delle tonnellate di plastica, depositate annualmente in mare, sarebbe decisamente più elevata.
Difficile è dire cosa accadrà ora che le aziende hanno pensato di aggirare il divieto sostituendo alle particelle solide, la plastica liquida e semi-solida.
Si tratta del primo caso nella storia, purtroppo non è ancora possibile stabilire con certezza la portata dei danni.
Ma perché le aziende inseriscono questi elementi nella formulazione dei loro prodotti? I motivi possono riassumersi in tre punti fondamentali:
- Le microplastiche liquide svolgono un’azione emulsionante;
- Le microparticelle rilasciano una patina protettiva sui capi (in verità poco salubre per la pelle dell’uomo);
- Costi ridotti.
L’impiego di questi tensioattivi, di origine petrol-chimica, non è obbligatoria. Si tratta di elementi completamente sostituibili, a patto che l’azienda decida di impegnarsi in tal senso.
Eliminare i detersivi con plastica liquida
Mentre l’ECHA procede con i lavori per vietare l’introduzione di microplastiche nei detergenti, i consumatori hanno a disposizione tre opzioni per salvaguardare l’eco-sistema dalla deriva:
- Non acquistare i detersivi presenti nell’indagine di Greenpeace;
- Acquistare detersivi ecologici;
- Usare un ozonizzatore.
I detersivi eco-bio non contengono alcun tensioattivo di origine sintetica, comportando un minore impatto ambientale.
L’alternativa più ecologica resta comunque l’uso d’un ozonizzatore domestico.
Dire addio alla plastica liquida con un ozonizzatore domestico
Come si può intuire dal nome, l’ozonizzatore domestico trae il nome dall’ozono. Esso è un gas costituito da tre molecole di ossigeno, dotato di altissimi poteri pulenti e igienizzanti.
L’ozonizzatore arricchisce di ozono l’acqua, normalmente inserita all’interno del cestello. La sua forza disinfettante è talmente efficace da rendere del tutto superfluo aggiungere qualsiasi tipo di detergente.
L’ozono riesce a penetrare all’interno delle fibre, per eliminare efficacemente sporco, aloni e micro-organismi.
Batteri e altri agenti biologici, vengono eliminati da questo gas naturale.
I benefici derivanti dall’uso di un ozonizzatore non si fermano qui.
Questa piccola innovazione tecnologica permette anche di ridurre il tempo dei cicli di lavaggio. In soli 30 minuti è possibile avere capi puliti, morbidi e piacevolmente profumati.